L’entrata in vigore del Reg. UE 1337/2013 ha portato ad una maggiore trasparenza in etichetta sulle carni di origine diversa a quella bovina; infatti “fissa le modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza delle carni fresche, refrigerate o congelate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili”.
Da anni si attendeva questo regolamento, che doveva coprire un’importante falla nel sistema di rintracciabilità di queste carni, le quali non sono state sotto i riflettori come la carne bovina dopo le vicende sulla BSE o mucca pazza (senza dimenticare l’aviaria), che ha portato alla pubblicazione del Reg. CE 1760/2000 (che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine) e che sicuramente ha contribuito alla nascita del diritto alimentare europeo. A livello di normativa italiana è invece diventato obbligo indicare l’origine delle carni avicole con l’ordinanza 26 agosto 2005 del Ministro della salute, nel periodo in cui si diffuse il timore dell’influenza aviaria, per rassicurare i consumatori sull’italianità del pollame.
Le carni suine, ovi-caprine e dei volatili non potranno più essere vendute in forma anonima senza che ne sia indicato il luogo di provenienza e di macellazione, all’appello manca la carne di coniglio, per il quale manca ancora un riferimento normativo, la carne di quaglia e carne di equini, per i quali l’Unione Europea sta lavorando.
E sull’origine dei prodotti agricoli?